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Sennheiser HDVD800 Empty Sennheiser HDVD800

3/6/2013, 18:03
Molto anni fa, ai tempi d'oro dell'hi-fi, non ci si poneva domande sulla capacità di pilotaggio dell'amplificatore quando si acquistava una cuffia, ma si era sicuri che non ci sarebbero stati problemi di alcun tipo. E in effetti era proprio così, visto che l'unica cosa a cui collegare la cuffia era l'amplificatore integrato dell'impianto, da almeno 25 watt per canale. Però le cuffie in passato erano molto meno efficienti di quelle odierne. Le impedenze erano in genere più elevate e non era infrequente imbattersi in cuffie da 600 ohm di impedenza. Erano cuffie pensate per l'impianto casalingo, non erano assolutamente adatte per i riproduttori portatili. Gli stessi costruttori non si ponevano il problema, visto che per i portatili c'erano già le "cuffiette", cioè quelle che si trovavano nella confezione dei walkman di lontana memoria (il fatto che il correttore ortografico non riconosca la parola "walkman" la dice lunga). Le cuffiette infatti sono piccole e pratiche e la loro bassa impedenza ben si adatta agli apparati alimentati a batteria. La separazione tra cuffie ad alta e bassa impedenza era piuttosto netta, così come ben differente era la loro resa sonora, salvo rare eccezioni.

Oggi la situazione è più fluida. Da una parte c'è l'abitudine dei consumatori più giovani, i quali tendono a circondarsi di apparecchi portatili di tutti i tipi (cellulari, lettori mp3, tablet, etc.), dall'altra l'invadenza degli stessi apparecchi in ambito casalingo ha imposto ai costruttori un deciso cambiamento sulle caratteristiche elettriche dei propri trasduttori. Per cui oggi abbiamo cuffie di altissimo livello e prezzo (in passato prerogativa esclusiva dell'uso home) che però presentano impedenze tipiche delle cuffie portatili. La D7000 ad esempio, l'ammiraglia di Denon da poco tempo fuori produzione, una cuffia da quasi mille euro con un'impedenza di soli 25 ohm, è il classico esempio di come il mercato attuale delle cuffie sia stato influenzato da un mercato dell'audio che è profondamente diverso da quello degli anni passati.

Capire se tecnicamente le cose siano cambiate in meglio o in peggio non è cosa semplice: ogni caratteristica di impedenza ha i suoi vantaggi e svantaggi. C'è da dire che cuffie come la D5000, la Shure SRH940 e tante altre, nonostante la loro bassa impedenza, suonano piuttosto bene, il che farebbe pensare alla quadratura del cerchio, e cioè cuffie di alta qualità che sono facilmente pilotabili da qualunque apparato, anche portatile. I costruttori sono ben felici di seguire questa strada, in quanto sanno benissimo di poter vendere più facilmente una cuffia "universale" piuttosto che una cuffia relegata all'impianto hi-fi casalingo (che non esiste più). Viceversa, i consumatori sono ben felici di poter collegare le loro cuffie a qualunque cosa generi un segnale audio: che sia un computer, un televisore o una lavatrice poco importa.

Se c'è una certezza, è quella che le cuffie sono ormai viste dalla maggioranza delle persone come un prodotto tipicamente legato all'audio portatile. Le persone comuni non concepiscono una cuffia dal costo maggiore di 100 euro, che per suonare ha bisogno di un amplificatore dedicato che ne costa altre centinaia, quando allo stesso tempo la casa è piena di apparati che già suonano per conto loro e che sono costati una follia: basti pensare agli smartphone con funzioni tipiche dei lettori audio. Le persone comuni non concepiscono un tale accanimento per via della costante presa in giro perpetrata dai reparti di marketing delle aziende hi-tech, con l'uso di paroloni come "high definition" o "24 bit" su prodotti di uso comune come i notebook, le schede madri per pc, i tablet, i cellulari e persino le macchinette fotografiche, prodotti che nulla hanno a che vedere con l'audio di alta qualità, me che di fatto, ahimè, gli sottraggono quote di mercato.

Quindi oggi è molto più facile far suonare una cuffia hi-fi, con qualunque dispositivo, fisso o portatile che sia. Basta vedere le ultime top di casa Beyerdynamic e Sennheiser. La T1, nonostante sia da 600 ohm, ha una efficienza molto elevata e può essere pilotata facilmente anche da un portatile, se ci si accontenta di un volume sonoro non troppo alto. La HD800 è anche più sensibile, sia per via dell'impedenza più bassa rispetto alla T1, "soli" 300 ohm, sia per il gruppo magnetico particolarmente efficiente. E' quindi evidente lo sforzo fatto da queste grandi case produttrici: basta provare la "vecchia" Beyerdynamic DT880 da 600 ohm, per rendersi conto che la scarsa sensibilità di tale cuffia non consente l'uso di un portatile e forse nemmeno di un amplificatore dedicato che non preveda in maniera specifica cuffie ad alta impedenza.

In un mercato rivolto sempre di più verso il portatile e l'integrazione esiste comunque un settore di nicchia, trascinato da tutti coloro che ascoltano musica quasi esclusivamente in cuffia, e non sono disposti ad accettare compromessi sulla qualità di riproduzione. Ed è proprio in questa nicchia che si collocano i due amplificatori per cuffia che Sennheiser ha inserito nel suo catalogo, HDVA600 e HDVD800. Due prodotti molto simili, la cui unica differenza è la presenza degli ingressi digitali nel modello più costoso, l'HDVD800, oggetto di questa piccola disamina.

L'HDVD800 è concepito con un occhio alla qualità sonora e l'altro alla versatilità. Dal punto di vista tecnico si è badato molto alla sostanza, utilizzando componentistica ad alto livello di integrazione e nessuno stadio a discreti, neanche nella parte analogica. La PCB è piena di amplificatori operazionali Analog Devices OP275 e lo stadio di uscita cuffia è composto da due integrati Texas Instruments TPA6120 che in sostanza non sono altro che operazionali pure loro, anche se di potenza e specifici per le cuffie.

Quando diversi anni fa su internet cominciò a ravvivarsi l'interesse per l'ascolto in cuffia, cominciarono a spuntare diversi forum dedicati all'argomento, e poiché di amplificatori in commercio ce n'erano ancora ben pochi, molti autocostruttori proposero i loro progetti ad un pubblico di cuffiofili che ancora non sapeva esattamente cosa voleva. Le cuffie di qualità avevano quasi tutte ancora il jack da 6.3 mm, che puntualmente veniva collegato ad un riduttore da 3.5 che permetteva di utilizzare un lettore portatile, o il notebook. C'è stato un momento in cui non si capiva bene dove poterlo ficcare quel jack, dal momento che il classico amplificatore integrato dell'impianto hi-fi era in via di estinzione e lo erano ancor di più le prese cuffie sui pochi esemplari rimasti in circolazione. I produttori di cuffie percepirono subito il disagio dei loro clienti, e improvvisamente quasi tutte le cuffie furono dotate del mini jack da 3.5 a cui - eventualmente - attaccare un adattatore da 6.3, cioè l'esatto contrario di quello che succedeva prima. Di fronte al crescente successo dell'ascolto personale in cuffia e alla crescente richiesta di qualità, fu inevitabile l'instaurarsi di un vuoto, che fu inizialmente colmato dalla vitalità di vari forumers, i quali, tra le altre cose, si esprimevano con un gergo del tutto nuovo. Quel periodo ci ha lasciato in eredità parole come "headstage" (che si può tradurre con "palcoscenico nella testa"), oppure concetti come il pilotaggio delle cuffie "in bilanciato", anche se il termine corretto sarebbe "a ponte". Ma non si può dar torto agli audiofili visto che "bilanciato" suona sicuramente meglio.

Non chiamatelo bilanciato

L'utilizzo degli amplificatori collegati a ponte non è certo un'invenzione cuffiofila. Tale tipo di pilotaggio prevede il carico collegato tra le uscite di due amplificatori (ovvero il carico fa da "ponte") che riproducono lo stesso segnale, però in controfase l'uno rispetto all'altro. Quindi il carico (nel nostro caso il trasduttore della cuffia), vede un segnale in tensione doppio rispetto al pilotaggio normale, mentre ciascun amplificatore deve fornire uno swing in tensione che è la metà, e questo è senz'altro un vantaggio. Il pilotaggio a ponte è utilizzato in tutti quei casi in cui è necessario sfruttare al massimo le caratteristiche di potenza degli amplificatori a disposizione, a discapito di altre qualità. E' molto utilizzato nelle autoradio, ma nessuno si sogna di dire che gli altoparlanti della macchina sono collegati "in bilanciato".

Il fatto che oggi si riscopra una tecnica vecchia di almeno 40 anni può sorprendere, ma sorprende ancora di più il fatto che tale tecnica venga usata con le cuffie dove le potenze in gioco sono talmente basse da rendere l'utilizzo di un collegamento a ponte del tutto inutile. Ma attenzione, quando i cuffiofili dicono che le loro cuffie "bilanciate" suonano in modo diverso, hanno perfettamente ragione. Vediamo perchè.

1) Il carico collegato tra due ampli è come se fosse diviso a metà, una metà collegata tra il primo ampli e la massa, e l'altra metà collegata tra il secondo ampli e la massa. Immaginando che il carico sia una semplice resistenza da 100 ohm, nel pilotaggio a ponte possiamo vederlo come due resistenze da 50 ohm collegate in serie, con il punto di congiunzione tra le due che di fatto diventa una "massa virtuale". Da questo deriva una conseguenza cruciale: collegati a ponte, due ampli vedono un'impedenza del carico che è la metà di quella effettiva. Una cuffia da 100 ohm quindi per i due ampli è come se fosse da 50.

2) Per la cuffia collegata a ponte, i due ampli sono effettivamente in serie tra di loro, per cui la loro impedenza interna si somma. Il risultato è che la cuffia vede un'impedenza che è doppia di quella del singolo amplificatore.

3) Per avere un collegamento a ponte è necessario che uno dei due amplificatori lavori in controfase, e poichè nel 90% dei casi la sorgente utilizzata non ha uscite bilanciate ma le classiche RCA, ne consegue che è necessario aggiungere in uno dei due ampli un elemento ulteriore che si chiama invertitore di fase. Per tutti i cuffiofili che si preoccupano della resa dei loro cavi, l'aggiunta di uno stadio attivo sul percorso del segnale dovrebbe essere alquanto più preoccupante.

Queste 3 semplici considerazioni, da sole, bastano a giustificare le differenze soniche tra un collegamento del carico single-ended e uno cosiddetto "bilanciato" o a ponte, senza tirare in ballo proprietà "speciali" delle cuffie "bilanciate". Anzi, a grandi linee si può dire che collegati a ponte due ampli almeno sulla carta andranno peggio, perchè al diminuire dell'impedenza del carico, conseguenza della 1), aumenta la distorsione, mentre al diminuire del fattore di smorzamento, conseguenza della 2), diminuirà il controllo del trasduttore, soprattutto in gamma bassa.

C'è da dire che nel caso delle cuffie le differenze apportate da un collegamento a ponte saranno comunque minime, e la loro entità sarà legata principalmente al modulo dell'impedenza della cuffia. Per avere un'idea si può fare un test collegando in serie ad una normale cuffia una semplice resistenza da qualche decina di ohm: le differenze potrebbero sorprendere a tal punto da farci riconsiderare l'effettiva utilità di un collegamento "bilanciato", che comporta il raddoppio della componentistica attiva e quindi sostanzialmente dei costi, senza apportare vantaggi rilevanti dal punto di vista sonoro. Per non parlare della scocciatura relativa alla sostituzione del cavetto, spesso associato ad un esborso assurdo se rapportato al costo della cuffia stessa.

(segue)
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3/6/2013, 18:22
Quindi oggi è molto più facile far suonare una cuffia hi-fi, con qualunque dispositivo, fisso o portatile che sia. Basta vedere le ultime top di casa Beyerdynamic e Sennheiser. La T1, nonostante sia da 600 ohm, ha una efficienza molto elevata e può essere pilotata facilmente anche da un portatile, se ci si accontenta di un volume sonoro non troppo alto. La HD800 è anche più sensibile, sia per via dell'impedenza più bassa rispetto alla T1, "soli" 300 ohm, sia per il gruppo magnetico particolarmente efficiente. E' quindi evidente lo sforzo fatto da queste grandi case produttrici: basta provare la "vecchia" Beyerdynamic DT880 da 600 ohm, per rendersi conto che la scarsa sensibilità di tale cuffia non consente l'uso di un portatile e forse nemmeno di un amplificatore dedicato che non preveda in maniera specifica cuffie ad alta impedenza.

Non sono del tutto d' accordo con questa affermazione. Un' elevata efficienza, per le cuffie così come per le casse, ha il pregio di ridurre la distorsione.
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3/6/2013, 19:54
Cosa non ti è chiaro di quella frase? grande sorriso
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3/6/2013, 20:49
bandAlex ha scritto:Cosa non ti è chiaro di quella frase? grande sorriso

Non mi convince che l' aumento dell' efficienza anche per cuffie di elevata impedenza sia motivato principalmente dalla pilotabilità tramite dispositivi portatili.
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3/6/2013, 22:49
Non ci sono altri motivi, almeno con le cuffie, visto che si parla di frazioni di watt. Negli apparecchi alimentati a batteria il problema è l'elevato swing in tensione richiesto dalle cuffie ad alta impedenza. Per questo i produttori di cuffie hanno abbassato l'impedenza, non certo per aumentare la qualità di riproduzione.

Infatti, nei loro prodotti di punta, sia Sennheseir che Beyerdynamic hanno comunque mantenuto un'impedenza elevata (300 ohm per la HD800 e ben 600 per la T1), puntando sull'efficienza del gruppo magnetico piuttosto che ad un abbassamento dell'impedenza per ottenere una sensibilità sufficiente (anche se comunque si è ai limiti di un apparecchio portatile).

Che poi è il senso di quella frase che ho scritto. blink

Il motivo per cui non hanno abbassato l'impedenza (cosa che sarebbe stata enormemente più facile ed economica) è che sono consapevoli delle problematiche che ne sarebbero scaturite, a partire dalla maggiore sensibilità della cuffia a rumori elettrici di tutti i tipi (hum, ronzii e rumore di fondo dell'elettronica), cosa per cui le cuffie ad alta impedenza sono invece abbastanza immuni.

Alla fine quello che conta è l'aumento della sensibilità, che ha l'unico scopo di aumentare il più possibile la versatilità della cuffia, a prescindere dalla sua qualità di riproduzione.
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3/6/2013, 23:35
Alex mi sfugge questo passaggio... se la sensibilità è elevata gli hum ronzii e via dicendo non dovrebbero venire fuori anche con l'alta impedenza? oppure ci sono motivi di altro tipo per cui le alte impedenze sono immuni?
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5/6/2013, 00:52
vale25 ha scritto:Alex mi sfugge questo passaggio... se la sensibilità è elevata gli hum ronzii e via dicendo non dovrebbero venire fuori anche con l'alta impedenza? oppure ci sono motivi di altro tipo per cui le alte impedenze sono immuni?

All'uscita di un amplificatore esiste sempre una certa quantità di rumore, generato in gran parte dagli stadi di preamplificazione sotto forma di fruscio, ma anche dallo stadio finale che può introdurre a sua volta altro fruscio, del ronzio, o altre forme di disturbo. L'insieme di tutto il rumore generato altro non è che un segnale in tensione indesiderato che si sovrappone all'uscita, generalmente di pochi uV (microVolt, milionesimi di Volt), che fa circolare una corrente nel carico. L'entità di tale corrente dipende ovviamente dall'impedenza del carico stesso: più bassa sarà l'impedenza della cuffia e maggiore sarà il rumore in corrente, in obbedienza alla legge di ohm. Nelle cuffie a bassa impedenza succede che anche pochi uV di rumore all'uscita generano una corrente sufficiente a rendere udibile il rumore stesso.

In realtà, non conta solo l'impedenza della cuffia, ma anche quella interna dell'amplificatore e la presenza di eventuali resistenze interposte tra l'ampli e la cuffia, tutte impedenze che si sommano tra loro. Quindi è più facile che il rumore sia udibile quando l'ampli ha un'impedenza di uscita di pochi ohm, la cuffia un'impedenza inferiore a 100 ohm, e non ci sono resistenze interposte che aumentano artificialmente l'impedenza dell'amplificatore.

Questo spiega perchè lo stesso ampli, con una cuffia da 300 ohm può essere del tutto silenzioso mentre con una da 50 ohm può rivelarsi rumoroso.
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5/6/2013, 00:57
Ma se avessi una cuffia a 600 ohm talmente efficiente da generare la stessa pressione sonora di una da 32 ohm a parità di tensione (anche se poi ovviamente la corrente circolante nella bobina sarà molto minore, ma a me questo non interessa perchè sto esprimendo la sensibilità in termini di tensione e non di corrente) non cambierebbe nulla giusto? cioè sentirei esattamente lo stesso rumore
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5/6/2013, 01:01
anzi ne sentirei addirittura di più perchè la caduta di tensione sulla resistenza di uscita dell'ampli sarebbe minore giusto?
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5/6/2013, 01:06
Esatto, si comporterebbe esattamente come una cuffia a bassa impedenza, se non peggio...
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5/6/2013, 01:10
http://www.audio-gd.com/Pro/Headphoneamp/Compass%202/Compass2EN_Tech.htm

a proposito di legge di ohm, che ne pensi? grande sorriso
avevo letto un tuo post dove spiegavi che un dac che esce in corrente vuole vedere un impedenza prossima allo zero, e che quindi una conversione I/V con una semplice resistenza causerebbe un funzionamento lontano dalle condizioni ottimali...
una soluzione del genere risolve questo problema oppure è anche peggio?
lo stadio di amplificazione di corrente subito dopo l'uscita del dac che impedenza di ingresso offre?
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5/6/2013, 01:23
Non si può dire molto da quel poco che si vede in quella pagina, comunque dallo schema a blocchi lo stadio I/V in questione dovrebbe essere uno stadio a base comune, che presenta una bassissima impedenza di ingresso, adatta quindi a fare da interfaccia ad un DAC con uscita in corrente.
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5/6/2013, 01:24
ti ringrazio flowers
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2/7/2013, 15:36
su head-fi scrivono che l'impedenza di uscita è di 43 ohm... puoi confermare?
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2/7/2013, 17:56
Confermo. Misurata con apposito strumento, è di circa 45 ohm.
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